Basil Kincaid. The Rolling Fields to My House
Una ricerca spinta dalla voglia di comprendere la trama della propria identità personale e culturale all’interno della diaspora africana, filtrata dalle sovrastrutture della sua esperienza americana. Si muove in questa direzione il nuovo corpus di opere con il quale l’artista ghanese-statunitense Basil Kincaid debutta nella sede milanese della Galleria Poggiali con la sua prima mostra personale italiana dal titolo The Rolling Fields to My House.
Attraverso collage, fotografie, installazioni, performance e soprattutto con la tecnica del quilting Basil Kincaid interroga i costumi sociali mentre disegna tessuti culturali alternativi. L’intraprendenza e la libertà di immaginazione emergono come componenti critiche nella liberazione dello spirito. Co-creare luoghi che stimolino la memoria ancestrale dell’amore inteso come libertà insita in noi per attivare spazi che partecipano alla liberazione condivisa su scala locale e globale.
The Rolling Fields to My House utilizza la pratica del ‘mondeggiamento’ per creare appartenenza. Le trapunte, le sculture e i disegni esposti in mostra rappresentano la comunicazione interna che l’artista ha coltivato per arrivare a un luogo che avesse senso per l’unico ragazzo nero in una classe di coetanei bianchi. Il trasferimento di Kincaid in Ghana nel 2020 gli ha permesso di rivisitare mondi precedentemente sviluppati e realizzarli in nuovi formati. L’entità nera che appare in queste opere è una solida radice del sé e dell’osservatore; un testimone onnisciente in sintonia con tutte le versioni di sé attraverso le dimensioni esponenziali. Probabilmente un corpo sempre presente che ha pianificato di incontrare ed esplorare la natura policromatica dell’identità nera diasporica su vari terreni, questa volta sul suolo italiano.
Le trapunte appese al muro sono estraniate dalla loro utilità e manipolate nel modo in cui vengono lette. In tutto il suo lavoro, Basil si concentra su come il luogo modella la nostra prospettiva, la nozione di appartenenza e il modo in cui ci percepiamo. Il suo lavoro è composto principalmente da materiali trovati o donati che hanno un grande significato emotivo per coloro che un tempo li hanno apprezzati.
La pratica della trapuntatura ha una lunga storia nella famiglia che si tramanda da oltre 7 generazioni. Il quilting, all’interno della tradizione culturale nera, è sempre servito come uno spazio rivoluzionario di gioia, coraggio e comunità in diretto contrasto con la sottomissione sociale e finanziaria. “È un modo per onorare i miei predecessori mentre affronto le domande e le preoccupazioni su dove sono, siamo, oggi. – Afferma Basil Kincaid – È un modo per restaurare e ricostruire con l’intraprendenza insita dentro di noi.”
Basil Kincaid è un artista post-disciplinare che attraverso la sua ricerca costruisce, contempla e rivede i limiti autoimposti e condizionati e ne esplora le loro fissità. Attraverso la tecnica del quilting, del collage, dell’installazione e della performance realizzati con materiali di recupero o donati Kincaid abbandona i costumi sociali per dedicarsi alla stesura di tessuti culturali alternativi. Kincaid ha studiato disegno e pittura al Colorado College, laureandosi nel 2010. Ha collaborato con Kavi Gupta Gallery, Mindy Solomon, Kravets Wehby e Carl Kostyal e altri. Nel 2019, Kincaid ha debuttato con il suo primo lavoro commissionato da un’istituzione, la performance “The Release”, presso la Pulitzer Arts Foundation di St. Louis MO. Nel 2020 Kincaid ha ricevuto la Regional Arts Commission of St. Louis. Nel 2021, Kincaid è stato selezionato come borsista per la United States Artist Fellow ed è entrato a far parte della collezione del Smithsonian AmericanArt Museum.