HYBRIDA: Matteo Basilé torna a sperimentare tra NFT, Arte, Fotografia e Digitale
Sperimentatore di linguaggi, tra i più quotati innovatori dell’arte contemporanea dalla metà degli anni Novanta e tra i primi in Europa a sperimentare l’ibridazione tra arte e digitale, Matteo Basilé torna a giocare con i linguaggi del digitale facendone vera e propria materia prima per nuovi progetti artistici che indagano, interrogano e sperimentano le nuovissime frontiere, rendendo materiale l’immateriale e dando vita a nuove visioni.
HYBRIDA, questo il titolo della mostra a cura di Gianluca Marziani, chiude la stagione 2021/2022 di VISIONAREA Art Space e fino al 6 settembre vedrà protagonista una selezione di opere realizzate nel 2022 e mai esposte a Roma, oltre ad un nuovissimo progetto di opere NFT prodotte dalla neo nata ARTITUDE.AI.
Collocata presso l’Auditorium Conciliazione, VISIONAREA conferma così la sua vocazione ad avamposto contemporaneo nel cuore di Roma, chiudendo la nuova stagione con una mostra che porta all’attenzione del grande pubblico le nuove sperimentazioni ibride di uno dei più interessanti “creatore di mondi” contemporaneo: Matteo Basilé.
Se nella storia antica l’ibridismo fu immaginato fra mondo animale e mondo umano, oggi l’ibridismo è fra uomo, tecnologia e biologia, che si tratti di chip sottopelle o microrganismi biologici come i virus.
Hybrida si articola tra opere fotografiche di vario formato che adattano le loro superfici alle direzioni energetiche del singolo soggetto, al piano d’irradiazione, ad una capacità di evocare paesaggi anche quando questi non compaiono. Fondali piatti di matrice fiamminga isolano le figure femminili di quest’antropologia futuribile, imponendo la centralità alla Rembrandt della loro drammaturgia, come se ci indicassero i margini dei nostri sbagli e delle occasioni perdute. I tre monitor che contengono altrettanti ritratti compiono lo stesso rituale ma con la qualità semantica dell’alta definizione, dentro una grammatica digitale che esalta l’infinitesimale percezione del dettaglio microscopico.
Da oltre un ventennio Basilé dimostra come la cultura digitale sia integrata ai linguaggi analogici, codificando una grammatica che si contamina con le altre grammatiche espressive, sottolineando una sincronia tra potenza e atto tecnologico. La sua visione stabilisce le coordinate della fotodigigrafia, sintesi virtuosa tra meccanica ed elettronica, tradizione e innovazione, setting reale e virtuale, manualità minuziosa e tecnologia esemplare.
Basilé ha sempre attraversato i generi, le etnie, i luoghi e ha reso universali le storie di pochi. Con la sua fotografia ha raccontato la stratificazione umana tra bellezza e diversità rendendo i suoi soggetti creature sospese in un tempo indefinito e in una forma fisica ibrida come è oggi il concetto del Metaverso. L’umanità di Basilé ha seguito l’andamento macroscopico del Pianeta; le vecchie barriere geografiche, politiche e ideologiche sono ormai scomparse, superate da una coscienza della rinascita collettiva, da una nuova genealogia meticcia, da un sincretismo perfezionato. Quei corpi narranti sono figure di una rinascita che segna l’inizio dopo molti “post”, il limbo in cui sono superate le barriere delle norme sociali, dove i canoni estetici si rivolgono alle psicogeografie di Guy Debord, al dionisiaco di Michel Maffesoli, all’estetica del Capitalocene di Nicolas Bourriaud.
Così commenta il Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale: «Matteo Basilé è stato uno dei primi in Europa a fondere arte e tecnologia, e non a caso le sue opere fotografiche sono delle vere e proprie “pitture digitali”. In quasi tutte le sue creazioni è esplicito il rimando ai grandi maestri del passato, da Caravaggio all’arte fiamminga fino alle suggestioni del Barocco: un bagaglio culturale che l’artista rielabora sapientemente fondendo storia classica ed epoca attuale, in una galleria di personaggi che rievocano costantemente qualcosa di noto senza avere tuttavia un’identità definita – “uno, nessuno e centomila” – e danno vita a un mondo onirico e surreale dove non esistono più riferimenti spazio-temporali. Un’arte fluida e ibrida come l’epoca che viviamo».
Scrive in catalogo Gianluca Marziani: «I creatori di mondi sono fatti così: danno nuovo spazio e nuovo tempo al proprio sguardo veggente, cucendo le fonti di riferimento con i rimandi a nuove fonti liturgiche. I creatori di mondi immaginano l’uomo nuovo dentro luoghi mineralizzati dal tempo lunghissimo dell’universo. È questa l’identità adulta di un creatore di mondi come Basilé. È qui che ricomincia la possibilità di una STORIA…».