Alessandra Ferrini. Unsettling Genealogies
Il Museo Novecento presenta dal 17 febbraio al 28 aprile 2024 la mostra Unsettling Genealogies dell’artista Alessandra Ferrini, nata a Firenze e residente a Londra da diversi anni, a cura di Daphne Vitali.
Le sale al primo piano del Museo Novecento ospitano Unsettling Genealogies, un progetto complesso e articolato che è parte di un’indagine critica sulla storia delle istituzioni culturali italiane che è stata avviata dall’artista nel 2020. Questa nuova produzione pone l’accento sulle origini coloniali e fasciste di alcune istituzioni artistiche italiane e dei loro fondatori, unendo riflessioni storiche, politiche e personali, allo scopo di evidenziare la dimensione affettiva della storia.
Negli ultimi dieci anni Alessandra Ferrini ha dedicato la sua pratica artistica, le sue ricerche e i suoi progetti didattici all’analisi dell’eredità del colonialismo e del fascismo in Italia, con particolare attenzione ai rapporti con il Nord Africa e l’area del Mediterraneo. Il suo lavoro affonda le proprie radici nel discorso postcoloniale, negli studi sulla memoria collettiva e nelle pratiche storiografiche e archivistiche. Sperimentando con i formati documentari, le sue opere spaziano dalle installazioni alle immagini in movimento, dalle lecture-performance alle attività editoriali e pedagogiche. Attingendo alle modalità della saggistica, Ferrini concepisce i suoi lavori come essay film, che procede poi a sviluppare in forme e modalità diverse volte a portare alla luce vicende della storia nazionale finora sottaciute.
In Unsettling Genealogies l’artista intreccia storie familiari con considerazioni sulla classe sociale, la storia coloniale, l’imperialismo europeo e l’eredità fascista. L’opera prende avvio da una fotografia che ritrae il conte Giuseppe Volpi di Misurata, imprenditore e politico italiano, in occasione dell’inaugurazione nel 1935 della Terza Mostra del Cinema di Venezia. L’edizione fu accompagnata dalla nascita della Coppa Volpi intitolata al conte, allora presidente della Biennale e figura di spicco del partito nazionale fascista, nonché ex ministro delle finanze di Mussolini. Benché porti il nome di un politico fascista, la Coppa Volpi viene ancora oggi assegnata.
Attorno a questa fotografia d’archivio, Ferrini innesca una serie di riflessioni sia sull’istituzione della Mostra del Cinema di Venezia sia sulla partecipazione di questi politici alle Biennali d’Arte durante il regime fascista. Unsettling Genealogies prende, quindi, in esame le politiche culturali del fascismo, stimolando una riflessione sugli effetti a lungo termine degli investimenti del regime nell’arte e sottolineando il rapporto esistente tra estetica, ideologia e propaganda.
Nell’ottobre del 1935, a poco più di un mese dalla Terza Mostra del Cinema di Venezia, Mussolini invase l’Etiopia dando il via al secondo conflitto italo-etiope. L’opera si concentra anche sulle connessioni tra la più grande campagna militare italiana e una scena artistica e cinematografica profondamente intrecciata con il regime. Il materiale in mostra porta alla luce l’attività coloniale di Volpi come governatore della Tripolitania dal 1921 al 1925, nonché il suo ruolo nel rilanciare l’immagine di Venezia come capitale mondiale della cultura, dell’industria e del commercio.
Parallelamente alla ricerca sociopolitica, l’artista riporta una serie di riflessioni personali legate alla sua storia familiare. Tre membri della sua famiglia, infatti prestarono servizio presso la villa Maraini a Firenze negli anni Trenta e Quaranta e l’opera fa emergere un ventaglio di storie personali minori, insieme a una serie di vicende storiche dimenticate o sottaciute, che sottolineano la tensione tra sfera pubblica e privata.
Per Unsettling Genealogies l’artista ha realizzato un’installazione che si ispira al palcoscenico raffigurato nella fotografia dell’inaugurazione della Terza Mostra del Cinema di Venezia del 1935. Una sala è dedicata alla storia delle istituzioni culturali durante il fascismo, mentre l’altra è stata trasformata in uno spazio privato dove sono esposti i ritratti della nonna e della pro-prozia realizzati dallo stesso Antonio Maraini. La dimensione privata si fonde con quella collettiva. La mostra presenta anche un video girato dall’artista all’interno dell’installazione, in cui legge alcune lettere indirizzate ai suoi parenti. L’esposizione diventa una piattaforma per invitare lo spettatore a riconsiderare la narrazione ufficiale e a riflettere su come affrontare il difficile lascito del fascismo, così come le controverse e contraddittorie eredità personali e nazionali. L’opera mostra anche come il materiale d’archivio custodisca da un lato la memoria collettiva e la costruzione dell’identità nazionale italiana e, dall’altro, la formazione del sistema sociale italiano.
Durante la mostra, e fino al 10 marzo, nella sala cinema del museo sarà possibile assistere alla proiezione del video di Alessandra Ferrini Sight Unseen, del 2019-20, che porta alla luce l’occultamento e l’appropriazione della storia di Omar al-Mukhtar, leader della resistenza organizzata contro l’occupazione italiana della Libia. Al-Mukhtar divenne il simbolo della resilienza del popolo libico, ma in Italia è rimasto sempre nell’ombra. Il fulcro dell’opera è la più completa serie di immagini della cattura e dell’esecuzione di al-Mukhtar, raccontate dallo storico Alessandro Volterra.