CLAUDIA DE LUCA. “La verità delle rose tardive”
Fino al 12 novembre Claudia De Luca sarà presente a Venezia presso artespaziotempo con la mostra “La verità delle rose tardive” a cura di Elisabetta Mero. Terza tappa di un ciclo di esposizioni tra Milano e Venezia, il progetto risulta un punto di approdo di una ricerca personale dell’artista indirizzata verso una rinascita raccontata e vissuta attraverso la sua pratica.
Ho pensato di chiudere questa triade espositiva ritornando nel luogo dove tutto è iniziato: il luogo della ferita e della tenerezza che inganna. Ho continuato il cammino approdando nel ristoro e nella quiete delle camere dello scirocco, nella Basilica di San Celso a Milano, per terminare il mio percorso in un giardino immaginato, dove dal nero e dal bianco esplodono colori come il blue e l’oro, grazie all’uso di pigmenti puri che brillano come lampi di luce – afferma Claudia De Luca – Sarà come una danza, da me definita “danza obliqua”, che ruoterà come un vento intorno a tutti noi evitando di farci scivolare nel precipizio.
La prima mostra era nel segno della precarietà; la seconda ha portato vento di scirocco; la terza permetterà di inoltrarsi in un giardino luminoso. Un giardino onirico, un luogo che non esiste ma fa bene a tutti immaginarlo e che l’artista crea nelle sale di artespaziotempo.
Un giardino di rose tardive che nascono fuori stagione, in momenti climatici difficili e non idonei al naturale sviluppo del fiore. Sono le rose che resistono ed insistono, che si danno una possibilità sempre, soprattutto in momenti nei quali gli andamenti ritmici interiori sembrano vacillare. Per questo progetto l’artista parte da una riflessione, ispirata da un brano tratto dal “Deserto” di Camus, sulle verità che possono emergere da uno sguardo puro e libero sul mondo che ci circonda, privo di giudizio, contemplativo e radicato nel presente. Per Camus l’intuizione arriva dalle rose tardive del Chiostro di Santa Maria Novella a Firenze, per Proust dalle madelaine a colazione. Una verità che Claudia De Luca intende come un possibile sempre aperto e mai concluso. Le rose tardive sono l’esempio di come la vita, anche nelle sue contraddizioni, ci appare comunque intensa ed è solo nell’afferrarla, nel farla propria che la possiamo riconoscere come autentica.
Un’esplosione di macchie di colori, una labirintica illuminazione nella quale le rose hanno resistito al tempo e alle intemperie esistenziali che il tempo porta con sé. Nelle opere in mostra Claudia De Luca utilizza prevalentemente pigmenti puri che mischia o con cera e olio di lino secco. Non mancano pennellate di nero, rosa e arancio che, ovviamente, fanno da sfondo necessario alla “rinascita” delle rose.
La mostra di Venezia chiude quindi questa trilogia e presenta dei lavori che fanno trasparire un racconto esistenziale denso. Una densità che però non ha solo caratteri di fragilità ma anche elementi di vigore e resistenza. L’intento dell’artista infatti è stato sempre quello di evitare l’autocommiserazione del dolore o la teatralizzazione dell’insicurezza. È andata direttamente alla pelle senza nascondimento o finzioni. Ha brutalizzato il tessuto, lo ha bruciato e strappato per poi ricucirlo, curarlo e riportarlo ad una dimensione di quiete. “Per questa mostra a Venezia, ho preparato lavori che valorizzano ciò che rinasce da un abbrutimento – afferma Claudia De Luca – E ciò che rinasce è sempre un “sì” alla vita ma anche un’accettazione del buio che ogni tanto ti viene a bussare”.