La Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, in collaborazione con Genus Bononiae, presenta per la prima volta al pubblico una mostra con le principali opere dell’Ottocento bolognese appartenenti alle proprie Collezioni d’arte e di storia.

L’esposizione, intitolata Da Felice Giani a Luigi Serra – L’Ottocento nelle collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, in programma a Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni dal 21 marzo al 30 giugno, a cura di Angelo Mazza, si inserisce nel progetto La pittura a Bologna nel lungo Ottocento | 1796 – 1915, iniziativa promossa dal Settore Musei Civici Bologna | Museo Civico del Risorgimento che coinvolge quattordici sedi espositive cittadine nel delineare un percorso nella pittura bolognese dall’età napoleonica all’inizio della Grande Guerra.

Strutturata in 6 sezioni tematiche, presenta circa 30 artisti e oltre 100 opere, tra dipinti, disegni, acquerelli, sculture e incisioni, a cui si aggiungono le maioliche della manifattura Minghetti appartenute al duca di Montpensier. Si tratta di nuclei significativi per focalizzare l’attività di alcuni grandi protagonisti della pittura dell’Ottocento bolognese, le cui realizzazioni illustrano, in modo efficace, le principali produzioni del tempo. Il visitatore avrà quindi modo di ammirare una selezione di opere di Felice Giani e di Pelagio Palagi, di Clemente Albèri e di Pietro Fancelli, di Antonio Basoli e Giacomo De Maria fino a Luigi Busi, Alessandro Guardassoni, Giovanni Masotti, Luigi Serra e altri.

La mostra inizia nella Sala di Giasonedel Piano Nobile di Palazzo Fava, dove al centro è collocato il grande gesso della Maddalena penitente di Antonio Canova. Questa prima sezione presenta una raccolta di dipinti di figura realizzati da artisti attivi a Bologna a cavallo tra Settecento e Ottocento, al tempo del crollo dell’Ancien Régime e formatisi presso l’Accademia Clementina, fino ad arrivare alle opere dei decenni della Restaurazione e dell’Italia unita con i maestri legati all’Accademia di Belle Arti e al Collegio Venturoli. La grande tela di Gaetano Gandolfi, Morte di Socrate del 1782 – il cui soggetto è già un preannuncio di tempi nuovi – e il piccolo dipinto ad olio La Madonna, il Bambino e san Giovannino di Felice Giani sono opere che registrano già un evidente contrasto tra tradizione e modernità. Ma è con i ritratti di Pietro Fancelli, che intrecciano la lezione dell’Accademia Clementina con la modernità neoclassica, e di Pelagio Palagi – di cui sono presenti in mostra anche opere con scene di carattere storico -, che il gusto inizia a sottrarsi più agevolmente al condizionamento della cultura accademica settecentesca. Sempre nel campo della ritrattistica, Clemente Albèri, di cui sono esposte varie opere, è rappresentato dal Ritratto di Giuseppe Gaetano Mazzacorati, in bilico tra influenze neoclassiche e prime inflessioni romantiche. Da segnalare anche l’operato di Alessandro Guardassoni (Bologna 1819-1888), che si esercita sui modelli della pittura bolognese del Seicento a partire dai capolavori di Guido Reni, fino ad arrivare alla figurazione di Luigi Busi, con il dipinto Nicolò de’ Lapi prima del supplizio, che si inserisce tematicamente nel filone del romanticismo storico lombardo avviato già negli anni 20 grazie alle opere milanesi di Pelagio Palagi e di Francesco Hayez. Chiudono la sezione le opere di Luigi Serra, il cui apprendistato è simile a quello di Busi e si svolge tra il Collegio Venturoli e l’Accademia di Belle Arti, e si approda al primo Novecento con Felice Vezzani e Giovanni Masotti, di cui sono esposti il Ritratto di Alberto Caburazzi in veste di Garibaldi e Preludio.

La Sala Albani presenta la produzione della manifattura Minghetti, che inizia a partire dal 1860 circa ad opera di Angelo Minghetti e dei figli Gennaro e Arturo. A testimonianza di questa attività, le collezioni della Fondazione Carisbo possiedono dal 2016 una parte consistente del celebre servizio da tavola commissionato verso il 1888 da Antonio Maria Luigi Filippo di Borbone-Orléans, duca di Montpensier e infante di Spagna, per Palazzo Caprara. Dei circa 900 pezzi di cui originariamente si componeva, 381 sono pervenuti alle Collezioni d’arte e di storia della Fondazione Cassa di Risparmio. Ci sono meravigliose fruttiere in forma di trofei, centritavola e monumentali candelabri decorati da motivi a grottesca. Si tratta della collezione da tavola più imponente prodotta dalla casa bolognese, che riforniva anche le famiglie Pepoli ed Hercolani di Bologna e la famiglia Albicini di Forlì. Gli oggetti si caratterizzano per il singolare eclettismo dell’ornato che si dispiega su forme manieristiche e baroccheggianti.

Nella Sala di Enea, il visitatore incontrerà le opere di Antonio Basoli, celebre ornatista, scenografo e vedutista, al centro della vita artistica bolognese nei decenni tra la fine dell’Ancien Régime, l’età napoleonica e la Restaurazione. Tra le opere esposte, le quattro tele celebrative di Roma e delle sue conquiste eseguite nel 1809 per il palazzo di Cesare Lambertini, caratterizzate da un paesaggio fantasticamente archeologico. A queste opere si aggiunge un cospicuo gruppo di bozzetti per scene teatrali di Giuseppe Badiali recentemente acquisiti. Tra gli scenografi più rilevanti della nuova generazione, Badiali lavorò per i più noti compositori del melodramma ottocentesco e fu famoso per i suoi notturni al chiaro di luna.

La mostra espone anche un nucleo di modelli in terracotta di Giacomo De Maria, autore che può essere considerato il punto di contatto tra la scultura bolognese d’epoca neoclassica e quella ottocentesca, acquisiti dalla Fondazione Cassa di Risparmio nel 2010. Nella Sala Rubbianesca si potranno ammirare alcuni abbozzi in terracotta per le grandi statue disposte nell’atrio e nello scalone di Palazzo Hercolani in Strada Maggiore. Al nucleo – che include inoltre il Modello per la tomba Bersani, il Ritratto di Antonio Aldini, ministro e poi segretario di stato nel Regno d’Italia napoleonico, il Ritratto di Pietro Biron, duca di Curlandia e lo stesso Autoritratto – appartiene la statuetta Virginia morente, studio per la figura esanime che compare nella più importante opera dell’artista, il grande marmo acquistato dal viaggiatore inglese Le Gendre Starkie nel 1819 ora esposto nella Walker Art Gallery di Liverpool. Se Giacomo de Maria può essere considerato un autore che “apre” il secolo collegando il Settecento all’Ottocento, lo scultore che lo “chiude”, traghettando l’Ottocento nel Novecento, è Enrico Barbèri, del quale vengono esposti due bozzetti di monumenti celebrativi.

La pittura di paesaggio, da sempre considerata un genere minore rispetto a quella di storia e a quella di figura, trova collocazione, in questa mostra, nella Sala Cesi. Una panoramica delle opere presentate è dedicata all’immagine della città, e mette in luce come nell’arco di poco tempo Bologna passi da una pittura di paesaggio ancora legata ai valori della classicità a una più moderna rappresentazione del reale. A partire dalla Veduta di Imola, realizzata nel 1805 da Felice Giani, passando per i due Panorami di Bologna dal colle dell’Osservanza di Gaetano Filippo Tambroni, il più grande di essi caratterizzato da notevole ampiezza e profondità di campo, si giunge alla grande tela, recentemente acquisita dalla Fondazione, Veduta di ponte di Riola con la Rocchetta Mattei, qui esposta per la prima volta e attribuita a Ottavio Campedelli: un dipinto che unisce classicismo e naturalismo. Il più noto e principale interprete del vedutismo urbano bolognese è tuttavia Antonio Basoli, che concepisce un nuovo modo di intendere lo spazio e il paesaggio, scevro da ogni teatralità e retorica e sempre più simile alla quotidianità. Se a Basoli si attribuisce il merito di avere “inventato” la veduta urbana bolognese, Luigi Bertelli è riconosciuto come il principale protagonista della rivoluzione naturalistica nella pittura di paesaggio, come dimostrano opere come Il canale con Chiusa, La casa di campagna e Il tiro a volo a Casalecchio di Reno, caratterizzate dalla volontà di guardare al reale in maniera innovativa.

La sezione ospitata nella Sala Allievi dei Carracci documenta molte delle opere acquistate dalla Fondazione Cassa di Risparmio che restituiscono un’immagine precisa della Bologna ai tempi di Giosuè Carducci, quando la città stava iniziando a cambiare il suo assetto e a modernizzarsi in seguito all’introduzione del nuovo piano regolatore. Gli autori di queste vedute sono Antonio Zannoni, Giuseppe Ravegnani, Alessandro Guardassoni, Pietro Poppi, Alessandro Scorzoni, Emanuele Brugnoli. Chiudono il percorso alcune opere che parlano oramai un linguaggio nuovo, come una delle rarissime vedute bolognesi di Giovanni Boldini, La Fontana del Nettuno, dipinta nel 1910, fino a quelle pensate per commemorare il sommo poeta, morto nel 1907: dal modello in gesso di Leonardo Bistolfi per il monumento onorario a lui dedicato da collocare a fianco della sua abitazione, fino al bozzetto del ciclo decorativo dedicato alla Storia e i fasti di Bologna nel Salone del Podestà di Adolfo De Carolis.

La mostra è accompagnata da una guida edita da Bologna University Press, con un’ampia selezione di immagini delle opere esposte e contributi di Angelo Mazza, Benedetta Basevi, Pierangelo Bellettini, Mirko Nottoli.

L’offerta dei Servizi Educativi di Genus Bononia e dedicata alla mostra presenta un catalogo scuole con proposte didattiche per ogni ordine e grado, attività per famiglie, bambini e adulti.

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