EPOPEE CELESTI. Art Brut nella collezione Decharme
Dal 1° marzo al 19 maggio 2024, l’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici presenta la mostra EPOPEE CELESTI. Art Brut nella collezione Decharme, che riunisce una selezione di 180 opere della collezione di Bruno Decharme, una vera e propria panoramica sull’art brut.
Il concetto di art brut è attribuito al pittore francese Jean Dubuffet che a partire dal 1945 diede vita a una collezione di oggetti e opere realizzati da pazienti di ospedali psichiatrici, detenuti, emarginati, solitari, persone “fuori dal sistema”. Questi creatori autodidatti producono senza preoccuparsi dello sguardo degli altri e partecipano alla nascita di nuovi linguaggi, invenzioni o tecniche.
Nel libro L’Art Brut préféré aux arts culturels, Jean Dubuffet definisce l’art brut come “opere eseguite da persone che non possiedono alcuna cultura artistica, in cui quindi il mimetismo, a differenza di quanto accade tra gli intellettuali, ha un ruolo scarso o assente, per cui gli autori si basano solo (…) sul proprio background e non sui cliché dell’arte classica né sull’arte alla moda. Qui assistiamo all’operazione artistica pura, cruda, reinventata in tutte le fasi dal suo creatore, sulla sola base dei suoi impulsi”.
L’art brut ha sempre scosso la storia dell’arte e nutrito spiriti refrattari alle regole, mettendo in discussione non solo le nozioni tradizionali di arte e creazione ma anche quelle di normale e patologico. Ma chi sono gli artisti di questo particolare genere, testimoni di un altro universo, estranei a movimenti e privi di influenze stilistiche? Si tengono, o vengono tenuti, al di fuori della cultura delle belle arti, dei codici e dei luoghi che la costituiscono: scuole, accademie, musei, fiere…
Se il terreno in cui si muove l’art brut è quello dell’“uomo comune all’opera”, come ha affermato Dubuffet, si può anche sostenere che il destino di costui sia fuori dal comune, caratterizzato da un legame tra la Storia e la vita privata dell’artista, in cui diventa impossibile scindere l’uno dall’altro.
Le opere qualificate come art brut, che costituiscono la collezione di Bruno Decharme e che gli anglosassoni definiscono outsider art, danno prova di notevole creatività, in diretto contatto con le anomalie del mondo contemporaneo: guerre, distruzioni, ingiustizie sociali ed economiche, violenza sui minori, immagini di propaganda e di regimi oppressivi.
A volte, l’isolamento, la reclusione o l’esilio spingono l’artista a rifugiarsi in un’esplorazione fantastica dell’universo, a reinventare un mondo parallelo, o a evocare spiriti, fantasmi, creature ibride e bestie mostruose che non hanno mai smesso di popolare il nostro inconscio collettivo.
Figure antropomorfe, geografie intime, disegni talismano, mappe mentali, templi indiani e architetture barocche compongono questo viaggio ai margini raccontato nella mostra. Ai confini dell’immaginario, persi nella realtà, bagnati di stelle, gli “outsider” ridisegnano costantemente i contorni di un universo che inventano a poco a poco. Con le sole bussole della libertà e dell’alterità, raccolgono, accumulano, riempiono, decifrano, scuriscono, distorcono, amplificano, riordinano, costruiscono. Si imbarcano senza filtri in grandi epopee celesti.
L’ossessione e la perseveranza del collezionista Bruno Decharme, che ha dedicato la sua vita a costruire passo dopo passo una delle più importanti collezioni di art brut a livello internazionale, ci invita a mettere in discussione le nostre certezze per provare a rivolgere uno sguardo benevolo sul concetto stesso di creazione, avanzando l’idea che creare un mondo sia creare un’opera.