Finché non saremo libere
Il Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei, in collaborazione con l’Associazione Genesi e il Festival della Pace, annunciano la mostra collettiva Finché non saremo libere a cura di Ilaria Bernardi, che dal prossimo 11 novembre si articolerà all’interno delle sale del Museo di Santa Giulia, a Brescia: un’esposizione dedicata al tema drammaticamente attuale della condizione femminile nel mondo, con un particolare focus sull’Iran.
Finché non saremo libere declina al femminile il titolo del libro “Finché non saremo liberi. IRAN la mia lotta per i diritti umani” di Shirin Ebadi, avvocatessa e pacifista iraniana esule dal 2009, prima donna musulmana Premio Nobel per la pace per i suoi sforzi per la democrazia e i diritti umani, in particolare delle donne, dei bambini e dei rifugiati. Un’esposizione con un significato ancora più importante dopo la proclamazione del Premio Nobel per la Pace 2023, che il prossimo dicembre verrà conferito a Narges Mohammadi “per la sua battaglia contro l’oppressione delle donne in Iran e per promuovere diritti umani e libertà per tutti” e l’assegnazione del Premio Sacharov 2023 per la libertà di pensiero a Jina Mahsa Amini e al movimento di protesta iraniano “Donne Vita Libertà” annunciato lo scorso 19 ottobre a Strasburgo dalla presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola.
La mostra Finché non saremo libere prosegue ed espande un filone di ricerca e approfondimento promosso dal 2019 dalla Fondazione Brescia Musei, che ha scelto di indagare contesti geo-politici di stringente attualità attraverso la prospettiva e la produzione di artisti contemporanei. Capitoli precedenti di questo filone sono state le mostre dedicate al rapporto tra arte e diritti che hanno visto protagonisti l’artista e attivista turca Zehra Doğan, l’artista e attivista cinese Badiucao e l’artista e attivista russa Victoria Lomasko.
“Per Fondazione Brescia Musei proporre una mostra dedicata allo sguardo delle donne, delle artiste contemporanee e delle artiste iraniane sui grandi temi della contemporaneità significa confermare il ruolo sociale di un’istituzione museale, attiva nel promuovere l’arte come potente espressione dell’inesauribile necessità di far sentire la voce dei diritti, tanto più urgente oggi in queste ore così tribolate. La mostra Finché non saremo libere conferma l’appoggio della nostra istituzione museale alle battaglie sociali delle donne, non solo quelle iraniane, e rinnova con questo grande evento l’interesse che Brescia rimanga, con il suo Festival della Pace, una piattaforma di grande discussione sui temi dei diritti umani”, ha dichiarato Francesca Bazoli, Presidente Fondazione Brescia Musei.
La mostra Finché non saremo libere prosegue ed espande anche la ricerca sull’educazione ai diritti umani promossa dal 2021 dall’Associazione Genesi con Progetto Genesi, a cura di Ilaria Bernardi, nel quale questa mostra si inserisce.
“Sono particolarmente grata alla Fondazione Brescia Musei per aver condiviso con l’Associazione Genesi la grande sfida di concepire una mostra che, per l’attualità della tematica trattata, per l’originale impostazione e per le importanti artistepresenti, svolgerà senz’altro un ruolo di prim’ordine nella diffusione in Italia dei principi che informano la lotta delle donne per i loro diritti e in particolare di quelle iraniane”, ha aggiunto Letizia Moratti, Presidente Associazione Genesi.
Ad aprire Finché non saremo libere sarà la video installazione Becoming, dell’unico artista uomo incluso nella rassegna, l’iraniano Morteza Ahmadvand: un’opera che riflette sulla possibile convivenza tra culture e sulla necessità di abolire distinzioni e gerarchie tra popoli e individui.
L’opera dell’unico artista uomo cede immediatamente il passo a una mostra interamente dedicata ad artiste donne e divisa in tre sezioni.
La prima sezione esporrà un nucleo di opere di artiste donne provenienti da varie aree geografiche. Queste opere fanno parte dellacollezione d’arte contemporanea dell’Associazione Genesi e approfondiscono complesse e spesso drammatiche questioni culturali, ambientali, sociali e politiche dei nostri tempi.
I due lavori delle artiste iraniane Shirin Neshate e Soudeh Davoud faranno da tramite per la seconda e la terza sezione della mostra che corrisponderanno a due omaggi a due artiste storiche iraniane che, seppur molto note a livello internazionale, finora non hanno mai realizzato mostre personali in Italia: Farideh Lashai e Sonia Balassanian.
Il percorso espositivo terminerà con un intervento site-specific della giovane artista iraniana Zoya Shokoohi, realizzato nel corso di una residenza a Brescia avviata dalla Fondazione Brescia Musei come parte della mostra stessa, come ideale apertura verso le future generazioni.
Finché non saremo liberenon desidera soltanto approfondire la drammatica condizione femminile in Iran, ma porre anche l’accento sull’importanza delle ricerche di alcune artiste iraniane, selezionandole in base alle loro qualità che gli ha permesso di imporsi all’interno del sistema artistico internazionale e di oltrepassare la drammatica situazione in cui verte il loro Paese. La mostra promuove così un messaggio di speranza universale e di empowerment per tutte le artiste donne, non solo iraniane.
L’ampio spettro di testimonianze proposte dall’esposizione trova piena sintonia con la sede, il Museo di Santa Giulia di Brescia, che grazie a una consolidata programmazione espositiva e alle sue scelte artistiche e curatoriali si è affermato a livello nazionale e internazionale. La mostra sarà accompagnata da un catalogo edito da Skira, a cura di Ilaria Bernardi e con testi di Omar Kholeif, di Delshad Marsous e dell’artista, performer e ricercatrice iraniana Zoya Shokoohi, che sarà distribuito in tutti i poli museali.