JEAN ARP e ALBERTO MAGNELLI
Un’opera di Jean Arp, uno dei grandi maestri del Novecento, riaffiora dai depositi dei Musei Civici Fiorentini. Ancora una volta, il rapporto virtuoso tra il Museo Novecento e il mondo accademico ha dato vita a un’importante riscoperta: Larme de galaxie, piccolo capolavoro donato dall’artista alsaziano alla città di Firenze all’indomani della drammatica alluvione del 1966, torna alla luce dopo circa tre anni di studio e ricerche condotti da Emanuele Greco, curatore della mostra Jean Arp. Larme de galaxie. L’opera, un unicum nella produzione scultorea di Arp, fu donata alla città di Firenze grazie alla generosità della moglie dell’artista, Marguerite Arp-Hagenbach, che nel 1967, all’indomani dell’alluvione, rispose con questo significativo omaggio all’appello lanciato agli artisti contemporanei da Carlo Ludovico Ragghianti.
“Una bella operazione di riscoperta che dimostra ancora una volta come l’appello di Carlo Ludovico Ragghianti dopo l’alluvione fu realmente ascoltato dalla nostra città per poi diventare realtà con la nascita di una ‘casa’ del contemporaneo come il Museo Novecento” evidenzia la Vicesindaca e Assessora alla Cultura Alessia Bettini. “Grazie a quest’esposizione sarà possibile ammirare un’opera di assoluto pregio parte del patrimonio storico-artistico nato proprio da quell’appello e approfondire il lavoro di un artista poliedrico e profondo come Jean Arp, mettendolo anche in relazione con opere di talenti nostrani che già sono esposte nel museo e in altri luoghi. Importante anche, in questo caso, il lavoro di squadra con il mondo accademico, a dimostrazione ancora una volta che facendo rete tra diverse realtà si raggiungono obiettivi di alto livello”.
“È buona pratica del museo dialogare con il mondo accademico e universitario per attrarre le migliori menti nell’orbita del museo stesso e valorizzare gli esiti della ricerca scientifica con progetti curatoriali ed espositivi significativi anche per il grande pubblico” dichiara Sergio Risaliti, Direttore del Museo Novecento. “In questo caso, la sinergia instaurata tra museo e mondo accademico ha prodotto il ritrovamento di un’opera di Jean Arp grazie al contributo di Emanuele Greco, ricercatore e studioso, che ha riscoperto un’importantissima opera del maestro alsaziano conservata nei depositi delle collezioni civiche. Larme de galaxie, di cui si era perduta traccia dagli anni Settanta, era stata donata alla città di Firenze rispondendo all’appello di Carlo Ludovico Ragghianti, che all’indomani dell’alluvione del 1966, aveva chiamato a raccolta i grandi artisti internazionali per fare dono di un’opera nella prospettiva di fondare il Museo di Arte Moderna e Contemporanea della città di Firenze. Solo dopo decenni, nel 2014 è stato inaugurato il Museo Novecento, colmando una grande lacuna. Oggi, siamo ancora più soddisfatti nel ricordare gli eventi di allora, anche perché al nostro impegno sulla valorizzazione delle collezioni si aggiunge il sostegno alla ricerca scientifica”.
Protagonista assoluta della mostra è quindi Larme de galaxie, scultura in duralluminio realizzata da Arp nel 1962, che, a distanza di quasi sessant’anni dalla sua unica apparizione presso la Galleria Schwarz di Milano, torna finalmente visibile in un’esposizione pubblica.
La scultura è posta in un dialogo serrato con il dipinto Forma in elevazione del 1963 di Leone Minassian e idealmente si ricollega al grande marmo Il pastore dell’essere del 1963 di Alberto Viani, attualmente collocato nel cortile della Biblioteca delle Oblate di Firenze.
I due artisti, oltre ad essere stati ammiratori e amici del grande maestro alsaziano, ne furono sensibilmente influenzati, come rivelano le loro ricerche artistiche di matrice organica.
La presenza in mostra di Minassian, vero trait d’union tra il grande scultore e l’Italia dagli anni Quaranta ai Sessanta del Novecento, trova un’ulteriore giustificazione all’interno della storia stessa della donazione dell’opera Larme de galaxie. Grazie alla ricostruzione documentaria dell’intera vicenda è stato infatti possibile capire che fu proprio Minassian, appoggiato da Viani, a convincere la moglie dell’artista, da poco scomparso, a donare un’opera del marito alla città di Firenze per l’allora costituendo Museo Internazionale d’Arte Contemporanea.
La mostra consente quindi non solo di ammirare un’opera del patrimonio fiorentino di cui si erano perse le tracce, ma anche di scrivere una nuova pagina di storia, imperniata sui legami e le affinità tra diversi protagonisti dell’arte italiana e internazionale del Novecento.
“Attraverso un lungo e meticoloso studio di documenti sparsi tra l’Italia, la Germania, la Francia e la Svizzera, è stato possibile identificare un’importante scultura di Jean Hans Arp, intitolata Larme de galaxie, all’interno delle collezioni civiche fiorentine” dichiara Emanuele Greco, curatore della mostra. “Il ritrovamento dell’opera, che fu appositamente scelta e donata dalla moglie dell’artista all’indomani dell’alluvione di Firenze, permette di gettare nuova luce sulla storia del lungimirante progetto del Museo Internazionale d’Arte Moderna, avviato dallo storico e critico d’arte Carlo Ludovico Ragghianti con un appello agli artisti, e pensato come una sorta di grandioso risarcimento alla città dopo i danni provocati dalla catastrofe del 4 novembre 1966, e che di fatto costituisce il nucleo fondante dell’attuale Museo Novecento”.
L’opera, appartenente a una fase tarda dell’attività dell’artista, rappresenta pienamente la poetica e lo stile di Arp in scultura, che prese avvio agli inizi degli anni Trenta, dopo la conclusione delle fasi dada e surrealista, con la ricerca di una plastica astratta, di matrice organica, intesa cioè non come imitazione delle forme della natura, ma come natura essa stessa: ovvero una materia, in cui restavano forti le assonanze alle forme di organismi animali e vegetali, costituita però della stessa forza germinante, spontanea e immediata, della natura, che fu sempre per Arp la principale fonte di ispirazione.
Le forme arrotondate, rese sinuose da un delicato gioco di variazioni tra rigonfiamenti e avvallamenti sulla levigatissima superficie, oltre che da un armonioso profilo ondeggiante, sembrano indicare Larme de galaxie come una di quelle fresche riprese condotte da Arp nella fase tarda – a cui si posso ascrivere, per confronto, tra le altre opere, Fruit d’une pierre del 1959, Gueule de fleur e Feuille sur cristal, entrambe del 1960 – delle sperimentazioni organiche compiute negli anni Trenta, e precisamente del momento in cui è presente uno schema plastico prevalentemente ovoidale e curvilineo, come in alcune opere della serie delle Concrezioni umane o dei Frutti.
La grandezza incontenibile della fantasia creativa di Arp è un aspetto che fu notato anche da Giuseppe Marchiori, tra i primi critici italiani a occuparsi dell’opera dell’artista, che così scriveva nel 1964: «C’è una tale ricchezza morfologica, che spazia nell’illimitato campo della natura con un continuo mutamento di prospettive e di temi, in una alternativa sempre rinnovata, dalla memoria delle favole infantili ai ricordi di una classicità sottratta alla storia, dalle evasioni nell’assoluto delle forme pure alle osservazioni di gesti e di aspetti di animali e di piante, dalle contemplazioni celesti ai turbamenti più umani dell’amore e della carne, dalle germinazioni e dalle crescite surreali alla scoperta, negli oggetti o nei monumenti, di un mondo originario, preistorico, affascinante e misterioso».