“La Carne e l’Anima” di Gabriele Colletto
Da sabato 1 a sabato 29 ottobre la Galleria Il Triangolo di Cremona ospita La Carne e l’Anima, la mostra di Gabriele Colletto, a cura di Raffaella Colace, realizzata in collaborazione con Isorropia Homegallery di Milano.
Il titolo dell’esposizione, attinto dalla letteratura e dalla cinematografia, mette immediatamente a fuoco i motivi conduttori di un percorso artistico che, sperimentando e snodandosi nel tempo attraverso soggetti e tecniche diversi, sempre si muove entro lo spazio dall’umano sentire, a partire dal ritratto, al quale Colletto si dedica nella sua prima fase artistica (2007-2013). Seducenti ritratti iperrealisti che il punto di vista ravvicinato carica di intensità espressiva e attrattiva, complici anche i giochi di ombre, gli scorci inediti ed il cromatismo vivido.
La forza penetrante con cui Colletto si ‘addentra’ nell’effigiato lo conduce nel tempo a sfaldare il colore disgregando le forme e i volti, volti non più e non solo di persone a lui contemporanee, parte del proprio vissuto, ma presi in prestito da dipinti antichi, quasi che il tempo si allargasse ad un ‘senza tempo’, ad un’umanità tutta, trasversale ai secoli, agli usi e ai costumi. È così che nei quadri dell’artista rivivono, a partire dal 2015, la ritrattistica e la pittura di genere di Sei e Settecento, restituite attraverso una condotta pittorica istintiva ed espressiva il cui filo conduttore è la forza del colore – spesso e volentieri il rosso nelle sue diverse gradazioni.
In questo viaggio nel tempo Colletto, allargando la sua sfera di interesse al di là del ritratto, assume la regia di scene in cui la memoria dell’antico è talora proiettata in una dimensione onirica, a volte dissacrante e irriverente, dove personaggi bizzarri assumono le sembianze più strane o abitano contesti surreali. In questa fase entra preponderante nella produzione dell’artista il soggetto della carne, tema molto frequentato nella pittura dal ‘500 in poi dove macellai al bancone, nature morte, buoi squartati, prosciutti succulenti su tavole imbandite solleticano i sensi.
Nell’arte, dai secoli passati fino ai giorni nostri, la carne è intesa come evocatrice di vita e di morte, metafora del peccato se accostata al mangiare ‘di magro’ della Quaresima, simbolo di sofferenza e di sussistenza, oggetto del desiderio. Colletto rimescola questi spunti, senza un intento didascalico, etico o moraleggiante che sia, ma affidando tutto alla forza delle immagini. Un approccio emotivo, più sensistico che intellettuale, considerando che nell’affrontare il tema l’artista attinge anche al proprio vissuto di operatore nel settore della lavorazione delle carni. Ed è così che, accanto a dipinti ispirati all’antico, ne troviamo altri del tutto immersi nell’oggi, con operai in tute bianche e guanti che macellano la carne, buoi squartati appesi o allevamenti intensivi di polli. Dipinti in cui non è l’intento cronachistico né tanto meno quello simbolico a segnare il passo, quanto, forse, un’urgenza esorcizzante che traduce in immagini stranianti un’esperienza personale non gratificante. Celle frigorifere collocate in verdi paesaggi, mari increspati rosso sangue, tagli di carne come vette montuose, bouquet di fiori resi attraverso un colore vivido steso a macchie rendono poetica una realtà ordinaria su cui non grava alcun giudizio, bensì un senso di malinconia che sembra trovare espressione in un noto verso poetico: “la carne è triste, ahimè…”.