Lawrence Carroll al Madre di Napoli
Mentre negli anni Ottanta si assiste negli Stati Uniti alla storicizzazione della Pop Art, all’esaurirsi dell’Espressionismo Astratto e del Minimalismo, Lawrence Carroll si trasferisce in un’euforica New York dove, finchè lavora come grafico e illustratore, dà vita alle sue prime opere, non riconducibili a una specifica tendenza: fin da subito i suoi quadri sono strumenti di indagine del fare pittura al di là delle scuole e delle teorie del secondo dopoguerra.
A tre anni dalla sua scomparsa il Madre di Napoli dedica la prima grande retrospettiva museale a Lawrence Carroll. La mostra – a cura di Gianfranco Maraniello – indaga la storia e la figura di questo protagonista della scena artistica nordamericana e internazionale, non assimilabile alla storia delle avanguardie e neoavanguardie.
“Siamo orgogliose di presentare al Madre questo omaggio a Lawrence Carroll, artista vissuto tra gli Stati Uniti e l’Italia – affermano la Presidente Angela Tecce e la Direttrice Kathryn Weir–, progetto espositivo che si inserisce nella tradizione delle grandi mostre che il museo ha dedicato a protagonisti della ricerca artistica contemporanea. La pittura, la scultura, le installazioni e le foto di Carroll sono testimonianze di una profonda riflessione interiore e della sua costante indagine sull’esistenza e sulla necessità che l’umanità ha dell’arte. Le sue opere dai colori sommessi, stratificati e dalle forme essenziali inglobano memorie del vissuto e tracce del reale, trasfigurandoli in un linguaggio rigoroso ed evocativo”.
La mostra presenta 80 opere dell’artista realizzate nel corso di oltre trent’anni di carriera, allestite in un percorso che privilegia le relazioni delle opere con lo spazio e con i sentimenti rispetto alla paralizzante classificazione cronologica o tematica. Carroll considerava infatti i suoi lavori presenze fisiche che abitano gli spazi e che incontrano l’osservatore, entrandoci in dialogo. Ogni sua realizzazione mantiene per questo la stessa imperfezione dell’essere umano e, usando le sue stesse parole, un necessario “ancoraggio al mondo”.
“Lawrence Carroll ha un ruolo eminente nella storia dell’arte americana per avere mostrato orizzonti e aperture oltre l’impasse dei dogmatismi teorici che avevano sostenuto gli impianti di modernismo e postmodernismo fino alla metà degli anni Ottanta – dice Gianfranco Maraniello, curatore della mostra –. Realizzare oggi una mostra di Lawrence Carroll significa restare fedeli alla sua inquietudine, corrispondere alla vitalità di opere che continuano a cercare il loro luogo dove vivere interrogando le incessanti possibilità della pittura.”
Nelle opere di Carroll sono presenti temi e maniere della pittura contemporanea negli Stati Uniti, da Jasper Johns a Robert Ryman, da Ad Reinhardt a Robert Rauschenberg, come della scultura di Donald Judd e Carl André; partendo dalla progressiva cancellazione di immagini preesistenti, Carroll arriva a stesure di colore bianco simili alla tela stessa. La superficie del quadro si rivela così non solo un campo stratificato di pigmento, ma anche un modo per osservare il potenziale infinito di dipingere.
Nei suoi quadri Carroll ha continuato a interrogare gli strumenti dell’arte, tagliando e ricombinando porzioni di tela dove le cuciture sembrano disegni o ferite, innestando oggetti organici o inorganici dando luogo a sorprendenti volumetrie, attuando una costante ridefinizione della pittura. Attraverso le sue opere l’artista propone un’incessante interrogazione su quale sia la sua posizione nei confronti della realtà, della sua solitudine di fronte al mondo, del mondo da lui creato.
Tra i suoi lavori più recenti si annovera una serie di fotografie esposte precedentemente soltanto in occasione di una mostra presso la Fondazione Rolla, oltre ad alcuni disegni inediti.
La mostra è realizzata in collaborazione con Lucy Jones Carroll per l’Archivio Lawrence Carroll, che dichiara “Che questa prima e importante retrospettiva dell’opera di Lawrence sia ospitata dal museo Madre di Napoli, un luogo così vicino al suo cuore, è un sogno! È stata una gioia scoprire sala per sala la mostra curata da Gianfranco Maraniello. Voglio ringraziare in particolare lui, Angela Tecce, Kathryn Weir, il museo e tutti coloro che hanno sostenuto questo progetto, ho apprezzato davvero molto questa collaborazione”.