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Lorenzo Peretti (1871 – 1953). Natura e mistero è la nuova mostra organizzata da Collezione Poscio nello spazio espositivo di Casa De Rodis a Domodossola. L’esposizione, curata da Elena Pontiggia, indaga per la prima volta organicamente la figura di Peretti, il più misterioso e sconosciuto dei pittori vigezzini, inquadrandolo nel contesto del suo tempo.

La mostra comprende circa ottanta opere e ripercorre tutta la breve vicenda di questo singolare artista, che ha dipinto solo una dozzina d’anni, non ha mai esposto in vita sua e nel suo studio non faceva entrare nessuno, tanto che la sua figura di colto intellettuale, pervaso di tensione religiosa, è stata spesso scambiata per quella di un alchimista in odore di stregoneria.

Lorenzo Peretti (1871 – 1953). Natura e mistero presenta tutti i suoi principali lavori, tra cui il visionario Bosco dei druidi, 1898 ca, i suoi più importanti paesaggi divisionisti della Val Vigezzo e i precoci, anticipatori quadri non-finiti di inizio Novecento.

Il percorso espositivo inizia dal 1890, quando Peretti frequenta la scuola Rossetti Valentini di Santa Maria Maggiore, dove è allievo di Enrico Cavalli e ha per compagno Carlo Fornara. Sono esposti, tra l’altro, i tre suggestivi ritratti di Carlaccin, un contadino vigezzino dipinto sia da Cavalli, che da Fornara e Peretti. Le opere dei suoi amici Ciolina, Rastellini, lo stesso Fornara e Arturo Tosi (presente con uno stupefacente Nudo alcoolico del 1895 che anticipa di mezzo secolo la pittura informale) compongono la seconda sezione della mostra.

Sono documentati anche il viaggio dell’artista a Lione nel 1893-94 e le opere appena successive, tra cui Ritratto del padre Bernardino, prestato dai Musei Civici di Domodossola, toccante documento umano in cui Peretti si riconcilia col padre scomparso, che aveva avversato la sua vocazione pittorica.

Viene poi analizzato il divisionismo irregolare e carico di tensione di Peretti, di cui sono esposti i massimi esempi. Apprezzato da Morbelli, che lo inserisce tra i protagonisti della tendenza, il pittore vigezzino rifiuta però di esporre coi divisionisti.

Vasto spazio è dedicato al suo Testamento filosofico recentemente ritrovato, documento della sua volontà di conciliare il cristianesimo con la teosofia, che è un aspetto centrale della sua personalità. Per lui la natura è un riflesso dell’infinito e nel mondo non c’è nulla che non sia un riverbero di Dio. Dopo un’ampia sezione di disegni, la mostra si conclude con un’antologia delle sue opere non-finite, tra cui Sottobosco e l’importante Parigi, 1903.

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da SAGEP con un testo analitico di Elena Pontiggia e uno scritto di Davide Brullo.

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