Nell’ambito della programmazione della nona edizione di PARMA 360 Festival, il suggestivo spazio della Galleria San Ludovico ospita, dal 12 aprile al 25 maggio 2025, la mostra Mario Giacomelli “Questo ricordo lo vorrei raccontare”, dedicata all’ultima serie fotografica composta dall’artista nel 2000.

“Questo ricordo lo vorrei raccontare” è una sorta di “testamento” che Mario Giacomelli lascia. È l’ultima serie fotografica creata dall’artista prima della morte, sopraggiunta nello stesso anno; e mai come in questo lavoro è chiaro il sentimento di una fotografia come “espressione dell’interiorità”, come “racconto”, come “viaggio interiore”, “nella vertigine e nello stordimento” – per usare le parole che Giacomelli ha sempre riferito alla sua arte, nel corso dei cinquant’anni di produzione.

Nel 2000, appena dimesso dall’ospedale in seguito a una grave operazione alla quale si è sottoposto, Giacomelli si mette all’opera per la creazione di questa serie, allo scopo di riunire i suoi fantasmi, farne immagini reali, e con questo purificarsi. Come una preghiera, così come il titolo annuncia.

Per fare questo, seleziona un centinaio di fotografie scattate negli ultimi anni, dal 1997 al 2000, periodo in cui il suo gesto si fa via via sempre più intimo e autobiografico, e dà vita alla serie Questo ricordo lo vorrei raccontare.

Mario Giacomelli, classe ‘25, della generazione fotografi anni Cinquanta, è un artista del nuovo millennio pur essendo deceduto proprio sulla soglia del 2000: il suo corpus fotografico è una storia performativa, una porta su un mondo possibile, un continuum virtuale, e non una somma di isolati “attimi decisivi” bloccati nella cornice di una fotografia ben eseguita. Lesue opere sono pezzi di lui, organismi che hanno la forma della pura materia, una materia vivida generata dall’incontro tra fotografo e reale.

L’ultimo Giacomelli trova un posto isolato, lontano dal mormorio della città, nel silenzio dei casolari abbandonati tra quelle colline senigalliesi che ha fotografato per un’intera vita, e trasforma lo spazio in scenario in cui far muovere il suo stesso corpo, ma non per autoritrarsi, non per parlare di sé, ma per innescare un rituale: evocare i fantasmi dell’inconscio, dei sogni, del ricordo.  Quel che ne esce sotto forma di fotografia è uno spazio senza uomini tra le crepe dei muri come simulacri di un mondo trasformato, tra animali finti, maschere, manichini che sembrano veri, tra ombre nell’erba come materia parlante, di fronte ai campi in orizzonte come esseri addormentati e vivissimi, dove tutto si fa simbolo che annuncia qualcosa di veramente grande, ma che non ci è dato definire. Ecco, di questo scenario onirico, quasi indecifrabile, Giacomelli dice essere il reale, e mostrandolo si definisce “realista”, sebbene crei nell’astrazione.

In un’intervista del 2000 l’artista puntualizza: “Non è facile spiegare la presenza della mia persona nelle ultime fotografie, è come se io entrassi dentro di me e ne uscissi purificato. Non so come dire… un partecipare in maniera simbolica. Quindi in questo lavoro ho messo anche il mio volto; questo è come la storia della maglia che si rovescia: è il rovescio della mia interiorità, io vado dentro ed esco fuori. Però con questa immagine esco da me stesso come lavato… […] purificato perché ho provato la gioia di essere presente e averne il ricordo”.

Il periodo della maturità è probabilmente la chiave di lettura di tutta l’opera giacomelliana: è il momento in cui, colui che non ha mai smesso di sperimentare e cercarsi attraverso la fotografia, chiude ogni suo discorso. L’ultimo periodo rende manifesta la portata contemporanea del corpus fotografico di Giacomelli e del suo modo di concepire la fotografia performativa, come percorso e luogo virtuale di connessioni, utilizzata per spingersi oltre il medium stesso, per una connessione con il mondo.

In mostra circa 70 opere vintage e oltre 200 provini di stampa, a raccontare e documentare la costruzione di un intimo racconto fotografico, e attestare la visionarietà di un grande artista che usò la fotografia per mettere in atto un rituale performativo di ricerca di sé. Dopo il grande successo di pubblico e critica riscontrato al Museo di Fotografia Contemporanea – MUFOCO di Cinisello Balsamo (MI), che nel 2024 ha esposto per la prima volta la serie nella sua completezza, PARMA 360 Festival regala alla città di Parma un nuovo focus su questa serie speciale che rappresenta il vero testamento di Mario Giacomelli sull’arte e sulla vita.

All’interno del percorso espositivo, un video del 1997, restituisce allo spettatore un inedito Giacomelli all’opera mentre crea le fotografie di questa spettacolare serie, oltre ai suoi appunti manoscritti sulla fotografia, negativi, prove e stampe finali messi a confronto, svelando alcuni aspetti del suo personalissimo lavoro di stampa.

La mostra è accompagnata dal libro Mario Giacomelli. Questo ricordo lo vorrei raccontare, Skinnerboox, Jesi 2024, a cura di Milo Montelli e Katiuscia Biondi Giacomelli. Il volume si concentra dunque su un’unica serie fotografica di Mario Giacomelli, mai prima d’ora esposta in modo organico e completo, ed è strutturato seguendo il flusso creativo dell’artista: onirico, poetico, astratto. La carrellata di immagini si impreziosisce della presenza di materiale documentario che permette di entrare tra le pieghe del discorso giacomelliano.

Questa mostra, prodotta in collaborazione con l’Archivio Mario Giacomelli e con il Museo di Fotografia Contemporanea, rientra nell’ambito delle Celebrazione del Primo Centenario della nascita di Mario Giacomelli, che all’interno di un ricco calendario espositivo, vedrà il suo culmine con l’apertura, in contemporanea, di due grandi mostre retrospettive che insieme daranno una visione completa e complessa dell’opera di Mario Giacomelli. La prima a Roma, Palazzo Esposizioni dal 20 maggio al 3 agosto dal titolo “Mario Giacomelli. Il fotografo e l’artista”, la seconda a Milano, Palazzo Reale dal 22 maggio al 7 settembre dal titolo “Mario Giacomelli. Il fotografo e il poeta”. Se nella prima, protagonista è la metamorfosi della materia, e dunque il rapporto di Giacomelli con l’arte, nella seconda, il rapporto tra immagine e parola.

Prosegue intanto a Senigallia, fino al 6 aprile, presso Palazzo del Duca, la bellissima mostra Nella camera oscura di Giacomelli. Una suggestiva immersione nel mondo creativo dell’artista, tra variazioni di stampa, provini e fotografie inedite, con una toccante riproduzione della camera oscura e una coinvolgente e spettacolare installazione multimediale, dove lo spettatore è immerso nella potenza emozionante delle immagini e la voce stessa dell’artista.  Accompagna la mostra di Senigallia il bel libro dal titolo Nella camera oscura di Mario Giacomelli, edito da Rizzoli Lizard, a cura di Guido Harari e Katiuscia Biondi Giacomelli.

Promossa dalle associazioni culturali 360° Creativity Events ed Art Company, la mostra rientra nel palinsesto della nona edizione di PARMA 360 Festival e ha il contributo del Comune di Parma, della Regione Emilia-Romagna e della Fondazione Cariparma, a cui si aggiungono un’ampia rete dipartner pubblici e privati.