nereidi e altre cosmogonie. Nereo Petenello
Dal 5 al 13 gennaio 2024 la Loggia della Gran Guardia a Padova ospita “nereidi e altre cosmogonie”, personale del maestro Nereo Petenello a cura di Barbara Codogno e Carla Ravazzolo.
In esposizione una selezione della ricca produzione dell’artista, con un focus speciale sulle opere polimateriche a soggetto femminile. I lavori saranno accompagnati da brevi narrazioni di Carla Ravazzolo, tratte dal libro “Nereidi, Donne di Nereo” pubblicato per i tipi della Cleup. Storie che, attingendo dal mito, indagano però aspetti diversi della donna contemporanea.
“Il nome dell’artista – spiega Carla Ravazzolo – ha generato la fortunata associazione con alcune figure della classicità, in particolare le Nereidi, che nel mito identificano le ninfe dei mari. Non sono tutte ninfe, come nel mito, le donne di Nereo. Sono regine, ancelle, muse, donne dimezzate o doppie a seconda dei casi della vita, alla vigilia di scelte definitive, benevole o furenti. Considero un privilegio aver potuto giocare con queste opere di Nereo Petenello. Selezionare il mito, attualizzarlo o reinterpretarlo in forma contemporanea è prassi antica; qui forse sono andata oltre, in modo consapevolmente arbitrario: ho scelto e isolato piccoli e talvolta secondari aspetti di figure che la tradizione ci ha consegnato e li ho resi unica caratteristica delle donne qui raccolte. Una galleria di idee che aspettavano solo di essere scritte”.
Nella produzione di Nereo Petenello degli ultimi quarant’anni, le figure femminili risultano sempre al centro della sua ricerca, andando oltre la suggestione del richiamo mitologico: ognuna delle opere in mostra riprende, sottolinea e rende universale una particolare vicenda o un aspetto caratteristico di singole storie che riescono a superare, così, la finitezza del tempo che le ha visto nascere.
“Questa mostra – dice l’Assessore alla Cultura Andrea Colasio – vuole rendere omaggio a un artista padovano eclettico e poliedrico che continua a sperimentare nuove vie e che è riuscito, superando i limiti dei materiali che lavora, a sublimare idee e concetti al di là dello spazio fisico”.
Il percorso espositivo si dipana in tre sezioni. Come spiega Barbara Codogno: “La mostra contiene tre nuclei narrativi: l’indagine che Petenello conduce verso la figura femminile. Quindi un accenno alle sue tantissime sculture in resina: quelle scelte ammiccano al suo lavoro di designer sia per l’utilizzo dei materiali, le resine, che per gli stilemi collocabili negli anni ’60 e ’70. Le opere qui raccolte sono caratterizzate da lingue di fuoco rosso che si alternano a movimenti di nero assoluto. Sembrano uscite da un Athanor, il forno alchemico, nel quale la materia si sta forgiando. Quelle di Nereo sono fiamme mistiche, magiche, prometeiche. Due sculture infatti titolano Fenice, un omaggio all’uccello di fuoco. La terza e ultima sezione propone invece tavole di grandissime dimensioni: esplosioni materiche su campiture nere, metafisiche. La terza sezione torna alla pittura scegliendo un gesto materico dal grandissimo coinvolgimento fisico che richiama senz’altro Burri e l’Informale. Petenello innesta resina nel sottopelle del quadro; crea lingue magmatiche di materia grezza e primordiale. L’opera vive e si muove. L’intento è tutto nel titolo, come vediamo ad esempio in Lacerazioni cosmiche o in Frammenti di storie lontane. Anche in questo caso il rimando è al mito cosmogonico. Qui si celebra la creazione del mondo che, guarda caso, tende verso le opere dedicate al femminile: come un grande grembo cosmico dal quale nasce la donna, mater mundi. Per me è stato molto difficile selezionare le opere da esporre per questa piccola mostra; Petenello ha prodotto con una molteplicità incredibile di stili; la sua ricerca lo ha condotto a misurarsi con moltissimi progetti artistici. Sarebbe interessante che la sua città potesse dedicargli un’antologica per evidenziare il grande percorso dell’autore, e la sua vita”.
La figlia, Cristina Petenello, nel libro/catalogo Nereidi racconta: “Da quando ho ricordi ho sempre visto mio padre intento a creare qualcosa: giocattoli, ceramiche, dipinti, sculture… Lo rivedo concentrato su un oggetto o una figura mentre la mente è già proiettata all’idea successiva e lo sguardo indugia sulle opere precedenti, considerate mai del tutto concluse e spesso trasformate negli anni, quasi cresciute assieme a lui. Eclettico e sperimentatore, lo ritrovo nella memoria immerso in cicli necessariamente brevi, per dare la possibilità a un nuovo colore o materiale di entrare nel suo mondo. Oggi ancora mi stupisce la sua immutata capacità di guardarsi attorno con gli occhi del bambino curioso, di raccogliere il legno abbandonato, l’oggetto rifiutato e di trasformarli in un pensiero e in una storia. Una lunga storia”.