Il Labirinto della Masone è pronto ad accogliere, per la stagione autunnale, una nuova grande mostra dedicata allo scrittore Orhan Pamuk e alla sua inedita produzione grafica.

Da più di dieci anni Pamuk scrive e disegna quotidianamente taccuini, 12 dei quali verranno esposti e commentati in un percorso scenografico tra le sale espositive al termine della galleria del Labirinto, dove è esposta anche la collezione d’arte di Franco Maria Ricci.

Sarà una mostra reale e spettacolare insieme, poiché i taccuini, oltre a essere presenti in mostra, verranno raccontati dall’autore medesimo in un documentario-intervista inedito, e approfonditi grazie a proiezioni che faranno immergere i visitatori nel mondo dell’artista-scrittore Orhan Pamuk.

Le prime tra queste sue illustrazioni risalgono al 2009; le ultime sono di quest’anno, perché la sua produzione grafica continua ininterrotta ogni giorno. Le pagine dei taccuini sono piccoli capolavori in cui si alternano poesia visiva, atmosfere oniriche e note di viaggio “filtrate” dal suo mondo interiore. La sua esigenza di scrivere e disegnare insieme, che affolla spesso il medesimo (limitato) spazio di pagina vuota, è la premessa di questa sua istintiva pratica artistica, nella quale letteratura, pensiero e disegno si completano.

Sono espressioni grafiche della contemplazione.

La conoscenza di Orhan Pamuk della tecnica del disegno è profonda, così come profondo è il ragionamento sugli artisti del passato, che conosce bene. Molte volte da scrittore ha ribadito il suo apprezzamento verso artisti come Anselm Kiefer, Raymond Pettibon, Cy Twombly, verso i quali da disegnatore ha mostrato il suo debito. In tutti questi casi il gesto e spesso la parola diventano elementi fondamentali della composizione, anche nella raffigurazione di un paesaggio o di un ambiente. Cascate di parole, composizioni di onde, di colori, di suoni, linee e punti, lettere…

Fino ad oggi queste immagini colorate, spesso oniriche, sono rimaste sconosciute anche agli estimatori più attenti dello scrittore turco. La notorietà di Pamuk scrittore, infatti, prevale su questa sua dote pittorica. Ma il disegno, l’arte grafica, anche per un impegnato professore di letteratura e prolifico scrittore, diventa il mezzo necessario per esprimere concetti che solo con le parole non sono dicibili né sostenibili.

Nella prima sala della mostra, i taccuini scelti dall’autore insieme al curatore verranno esposti aperti, mostrando una selezione delle immagini più belle, colorate e significative. Schermi digitali forniranno, poi, una visione più completa del loro contenuto, permettendo a ciascun visitatore di muoversi, pagina dopo pagina, tra le numerosissime illustrazioni, ingrandendole e leggendone i testi tradotti.

La videoproiezione di un’intervista inedita a Orhan Pamuk, allestita nella seconda sala, permette di addentrarsi nella poetica del romanziere, approfondendone e indagandone il rapporto tra parola e immagine.

L’ultima parte del percorso espositivo conduce il pubblico in una dimensione più intima, in un luogo vissuto profondamente da Pamuk. L’allestimento della terza sala si ispira infatti alla casa dello scrittore-artista, che è sempre stata per lui un punto privilegiato di osservazione sulla città (Istanbul) e sui mondi antropologici racchiusi in essa. Le finestre diventano così l’elemento chiave, soglia di apertura su una realtà prossima e distante allo stesso tempo: otto schermi accostati e leggermente sovrapposti uno all’altro, a evocare idealmente le finestre dell’abitazione, proiettano immagini dei taccuini alternate a immagine fotografiche e note da diario, in un rimando continuo di sogni e accadimenti. Memoria e immaginazione si fondono così in un linguaggio fatto di accostamenti, di sensazioni, di ricordi, di bianco e nero e colore. Dei tappeti turchi “grandi e pesanti”, come quelli che Pamuk stesso descrive nei suoi ricordi, sono infine disposti nella sala: metafora del profondo radicamento alla dimensione personale dell’autore, essi invitano il visitatore ad eccedere al suo mondo interiore, sedendosi e osservandolo.

“Vorrei scrivere sulla mia felicità di coprire di testo un disegno” scrive Pamuk, “ecco che cosa va detto: fra i 7 e i 22 anni ho creduto che sarei stato un pittore. A 22 anni il pittore in me è morto e ho cominciato a scrivere romanzi. Nel 2008 sono entrato in un negozio per uscirne con due sacchetti pieni di matite e pennelli, poi ho cominciato a disegnare su piccoli taccuini, fra il piacere e il timore”.

Il disegno è dunque legato in Pamuk a un momento primaverile della vita, adolescenziale nel senso del momento dello sviluppo delle radici; disegnare è un ritorno a quel momento, nelle proprie profondità. Si tratta dunque di qualcosa di naturale, attinente all’ordine del fisiologico e dell’immediato, che ha a che fare col ricordo e col ritrovamento di sé, nonché, spesso, col sogno.

In occasione della mostra dei taccuini d’autore di Orhan Pamuk, Moleskine celebra il gesto premuroso e riflessivo di far scorrere la penna su una pagina bianca attraverso una edizione speciale e limitata. Un “catalogo concettuale” della mostra, che ognuno potrà compilare da sé, usando la scrittura a mano, gesto universale e allo stesso tempo fortemente personale. Oggi il taccuino Moleskine è riconosciuto come icona della cultura contemporanea, simbolo di una continua staffetta creativa tra epoche, culture e persone, erede e successore del taccuino leggendario usato da artisti e pensatori negli ultimi due secoli, così come lo utilizza oggi Orhan Pamuk.

Contemporaneamente alla mostra, lo scrittore turco pubblica per la prima volta con Einaudi una selezione dei suoi taccuini nel volume Ricordi di montagne lontane. Il filo conduttore che, ora sotterraneo ora cristallino, si snoda tra testi e immagini e attraversa gli eventi, gli incontri, i pensieri è sempre il processo, delicato eppure inarrestabile, della creazione letteraria. I taccuini rappresentano così un vero e proprio laboratorio in cui immaginare trame e studiarne l’architettura, in un dialogo perpetuo con i personaggi dei libri che verranno.

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