Renata Fabbri presenta SOTTO Project Room e la mostra There is water sleeping at the bottom of each memory
Renata Fabbri arte contemporanea è lieta di inaugurare SOTTO: la nuova project room al piano inferiore della galleria concepita come spazio espositivo e di produzione dedicato al lavoro di artisti italiani ed internazionali.
SOTTO si presenta come luogo di progettualità e sperimentazione, tangente e al tempo stesso complementare alla programmazione ufficiale della galleria. Pensata come una piattaforma d’intervento e di incontro aperta alla costruzione, collettiva e partecipata, delle molteplici visioni che animano la ricerca artistica contemporanea, si attiverà attraverso la realizzazione di esposizioni temporanee e progetti site-specific.
SOTTO immagina la condizione sotterranea come spazio di potenziale prossimità entro cui coltivare il valore del dialogo e dello scambio multidisciplinare. Scardinando distinzioni dicotomiche fra l’alto e il basso, fra il dentro e il fuori, SOTTO fa dell’esperienza della discesa un esercizio destabilizzante ma necessario per la comprensione, sempre mutevole e mai unidirezionale, della rappresentazione artistica e delle sue infinite declinazioni.
SOTTO nasce da un’idea di Renata Fabbri e Chiara Onestini.
In occasione della sua prima apertura SOTTO presenta There is water sleeping at the bottom of each memory: un progetto che riunisce le ricerche delle artiste Jeanine Brito, Linda Carrara e Lulù Nuti. In mostra, al piano inferiore della galleria Renata Fabbri, una selezione di opere pittoriche e scultoree che esplorano l’atto dell’immersione alludendo alla profondità del contesto espositivo in cui si inseriscono.
Scrive Gaston Bachelard in L’eau et les rêves che “per sognare profondamente bisogna sognare con della materia”. Parole utilizzate dal filosofo francese per indicare il momento in cui l’immaginazione trasforma la materia di un elemento naturale – in questo caso, l’acqua – nella materia libera del sogno e della creazione artistica. Mettendo a confronto la diversità dei tre linguaggi espressivi, la mostra intende evidenziare il comune intento di trattenere e dare forma, attraverso il gesto artistico, a questo mutamento effimero e silente. Trasportandoci nel profondo del nostro subconscio, nel ventre del globo terrestre o ancora, nei recessi di paesaggi fisici e mentali, le opere in mostraindagano la natura liquida e onirica del pensiero, in un dialogo denso di affinità visive e rimandi concettuali.
Artista e designer con base a Toronto, Jeanine Brito articola la sua ricerca attorno ai temi della memoria, della decadenza e del desiderio attraverso la rappresentazione di nature morte e autoritratti. I suoi dipinti attingono da ricordi personali, da fantasie e frammenti di vita quotidiana che, cristallizzati attraverso il medium pittorico, generano ambientazioni fantastiche e surreali. Contraddistinti per la presenza di elementi insoliti ed inaspettati i lavori di Brito interrogano l’affidabilità del processo mnemonico, evidenziandone la natura fallace e illusoria. Collocandosi in prima persona all’interno di scenari seducenti ed incantati, l’artista si cimenta nell’autorappresentazione, domandandosi quanto di questa corrisponda alla realtà e quanto, invece, essa sia il risultato di un processo immaginativo capace di distorcere la percezione di noi stessi e dei nostri ricordi. Nel tentativo di custodire questi ultimi, Brito ne cattura i dettagli più ambigui e sofisticati, edulcorandoli e investendoli di una raffinata nostalgia.
I lavori di Linda Carrara si compongono di livelli pittorici differenti in tempo, luce, materia e logica visiva, i quali, stratificati e sovrapposti, generano mondi in apparenza coerenti ed univoci. Se a prima vista, i suoi dipinti sembrano evocare, quasi mimando, la realtà circostante, è solamente avvicinandosi ad essi che accenni e dettagli del reale perdono gradualmente la propria nitidezza, trasformandosi in un’astrazione di gesti, tracce, modi ed esperienze pittoriche. In bilico fra realtà e finzione, Carrara interroga il medium pittorico mostrandocelo come soggetto di una logica figurativa che chiede alla materia stessa della pittura di trasformarsi in qualcos’altro: senza forzatamente modellare la pittura in mimesi del visibile, ma aprendola all’immaginifico e all’accidentale. Definiti dall’artista come “iper-realisti”, i suoi frottage si presentano come impronte in scala 1:1 di oggetti e paesaggi: fedeli scansioni della realtà capaci di restituire dettagli difficilmente afferrabili ad occhio nudo. Composti di stratificazioni e delicate velature di colore che lasciano trasparire, senza mai rivelare, la natura di ciò che soggiace dietro la tela, essi danno forma a realtà epifaniche ed ambigue. Simili a vedute dall’alto di paesaggi o croste terrestri, lunari e fondali marini o ad ingrandimenti di piccole particelle naturali, i dipinti di Carrara provocano in chi li osserva un senso di poetico smarrimento. Disseminati di piccoli indizi, di vuoti e silenzi, essi ci invitano ad esplorare luoghi misteriosi ed intricati, immaginati o ancora inesplorati, comunque tutti indirizzati verso un indefinito altrove.
A partire da una forte convinzione nell’intelligenza della materia e nella sua capacità di auto-trasformarsi e oltrepassare i limiti del linguaggio, Lulù Nuti progetta sculture e installazioni che interrogano la nostra percezione della realtà, la trasformazione delle abitudini, il nostro rapporto con la natura e l’ambiente. Caratterizzate da una sottile dualità fra potenza e mancanza, tra resistenza e vulnerabilità, le sue opere interpretano i sentimenti di responsabilità e di impotenza che la nostra epoca provoca sull’essere umano. Ne è un esempio Calcare il Mondo: un corpus di opererealizzate sulla base dell’esplorazione dei materiali edili e del loro impatto ecologico. Presentato con un approccio scientifico simile a quello di un geo-ingegnere di fronte ai cambiamenti climatici, il lavoro si compone di una serie di calchi al negativo realizzati modellando porzioni di mondo e colando su di essi materiali duttili, i quali, una volta solidificati, trattengono in superficie impronte e tracce cromatiche allusive di mari ed oceani. Non più concavo ma convesso, Nuti ci presenta il globo terrestre come un involucro scavato e svuotato del proprio contenuto. Trasportandoci direttamente nel suo grembo, l’artista ne inverte il convenzionale punto di vista, questionando il nostro ruolo di abitanti e spettatori di un mondo in continua evoluzione. Come dichiarato nel titolo, Nuti manipola l’orbe terraqueo “per poterlo riprodurre altrove”, per ripensare poeticamente ed idealmente ad un nuovo sistema circolare in cui sono le opere d’arte a salvaguardare la forma del mondo.