Amy d Arte Spazio Milano presenta dal 10 novembre al 27 novembre 2022, “Solitude’s economy”, un nuovo progetto economArt con gli artisti Alessio Barchitta, Marco De Santi, Daesung Lee, Lena Shaposhnikova, Maria Wasilewska.

Parlare di solitudine è parlare del rapporto tra micro e macro, del corpo sociale politico ed economico come dimensione esistenziale sistemica.

L’uomo economico è concepito alla stregua di una macchina da calcolo, come ebbe a definirlo l’antropologo M. Mauss.

Si globalizza il denaro; si divide l’uomo nella sua vera struttura vivente, specie la globalizzazione selvaggia che si nutre di solo denaro, bruciando il lavoro e con esso la dignità di milioni di individui.

Così, se da una parte questo fenomeno straordinario doveva accorciare i tempi delle tante crisi sulla terra, dall’altra ha allargato di fatto la forbice della precarietà generale, acuendo la sofferenza fisica e interiore.

Da tale circolo vizioso non è facile uscirne poiché se questi rapporti, in una società surmoderna come la nostra,diventano in vario modo l’ordito e la trama del suo tessuto umano, cessa la speranza che l’uomo economico possa trovare in sé la forza e i mezzi per trasformare la realtà dicuiè parte.

Uno dei maggiori tra i problemi che oggi si pongono all’interno di una civiltà globalizzata a livello planetario è ritrovabile nella pressoché totale scomparsa di soggetti che siano in condizione di distanziarsi da esso; ossia di vederlo, giudicarlo dall’esterno, al caso prendendosi la libertà di resistervi, attraverso proposte e modelli culturali alternativi. È un problema, dunque, di carattere psicoanalitico ed antropologico perché, nell’epoca del finanzcapitalismo, il sé biologico, il fondo della personalità umana, appare avere ormai subito le pressioni modellatrici della cultura dominante con la pianificazione di desideri, di aspettative, consumi e consumatore prima della produzione, adoperandosi affinché le età dell’uomo si riducano favorendo un artificiale protrazione dell’infanzia a prescindere dalla durata effettiva della vita biologica.

Passività e mancanza di consapevolezza, complice anche l’interconnessione ubiquitaria presentata come una scelta che in realtà cela prolungamento a oltranza nel tempo e nello spazio dell’estrazione di valore dagli esseri umani, alla stregua di servo-unità. Ed è questo andamento che determina ilsuo gusto e la sua solitudine.

Quasi tutto quello che ci appartiene ci è stato imposto; dapprima con abile lavaggio del cervello, costante e reiterato, successivamente con un’attenta distorsione della realtà fino ad arrivare al controllo del mercato tramite algoritmi.

La conseguenza più grave della globalizzazione e dell’avvento dell’economia post-fordista è la scomparsa dello spazio pubblico. Per imparare a vivere insieme nel mondo delle differenze, senza costruire ghetti, abbiamo bisogno di nuovi strumenti di azione che ci liberino dalla “economia politica dell’incertezza”.

Insicurezza esistenziale, incertezza circa il proprio destino, sensazione che la propria persona si trovi costantemente in pericolo costituiscono la cornice nella quale gli individui trascorrono le loro vite, incapaci di organizzarle e di costruirsi un’identità.

L’arte, qualunque sia la forma di espressione artistica, necessita di testimoni ed è in questo senso che si pone come fenomeno collettivo. Non si produce arte per essere soli: bisogna essere visti, ascoltati o letti.

Da un lato nel gesto della creazione artistica vi è un appello all’altro e in questo atto si palesa un gesto di resistenza alla solitudine, da un altro lato vi è, come nelle arti plastiche, una volontà di pensare che ciò che appare incomprensibile nell’attuale società possa essere oggetto di rappresentazione e pensiero. Credo che, se ci sforzassimo a capire quali accadimenti spingono e muovono un artista nella sua creazione, capiremmo la semplicità di questo linguaggio perché gli artisti resistono all’evidenza delle immagini.

Egli riflette sulla vita degli uomini, su un oggetto, provoca o cerca di provocare curiosità, suggerendoci verità altre. Tuttavia, il potere delle immagini è così forte che spesso è difficile intendere il messaggio sotteso; anche perché il mercato recupera l’arte rendendolo moda, costume.

I lavori proposti in questo progetto espositivo, si inseriscono tutti in una riflessione unitaria sul ruolo della politica e dell’autonomia dei soggetti nel mondo contemporaneo, al confine fra realtà e finzione, queste opere riflettono sulle nozioni di sito, distorsione, identità e partecipazione.

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