La Cittadella degli Archivi di Milano ospita dal 1° aprile al 1° giugno 2025 la mostra personale di Federico Ferrarini TEMPO ATTRATTO – TEMPERATURA EMOTIVA, ideata e organizzata dall’associazione culturale Isorropia Homegallery e da Galleria Ferrero Arte Contemporanea. Il progetto espositivo rientra nella manifestazione “I MARMI DELLA SCALA” organizzata da La Cittadella degli Archivi di Milano, in occasione della Milano Art Week, ed è in collaborazione con il Politecnico di Milano che ha curato una sezione della mostra dedicata al restauro del Teatro alla Scala dell’architetto svizzero Mario Botta.

In mostra una dozzina di opere, tra sculture di grande dimensione e pitture, di Federico Ferrarini, artista contemporaneo noto per la sua esplorazione delle convergenze tra umano e cosmico, naturale e tecnologico. La sua ricerca, avviata nei primi anni 2000, si caratterizza per un approccio multidisciplinare che fonde scultura, pittura e installazione, indagando l’essenza profonda della materia attraverso l’uso di pigmenti puri, marmi e onici. Il rapporto spazio-tempo rimane il fulcro della sua poetica: i monoliti, le fenditure e le superfici scolpite o dipinte non sono semplici rappresentazioni, ma mappe temporali in cui il passato, il presente e il futuro collidono. Ogni opera è un campo di forze, una pressione che lascia cicatrici nella materia, un’interferenza che lacera la percezione. Attualmente, Ferrarini è impegnato nel progetto Heart of Earth, che lo vede scolpire direttamente nel cuore della montagna. In questo contesto, il rapporto con i Maestri di cava diventa fondamentale per un’indagine sulla pietra come memoria geologica. Per l’artista Il marmo non è superficie, ma una tensione compressa, un campo di battaglia in cui lo spazio viene inciso, spaccato, eroso fino a trasformarsi in memoria.

Al centro della mostra si colloca Tempo Attratto, un’installazione scultorea comprensiva di elementi marmorei di Rosso Verona, estratti direttamente dalla cava, originali del restauro del Teatro alla Scala di Milano eseguito da Mario Botta. L’opera sarà esposta in dialogo con alcuni documenti che raccontano ai visitatori il restauro del Teatro, provenienti dall’archivio de La Cittadella, selezionati dagli studenti del Politecnico di Milano. Questa installazione, realizzata dall’artista per la mostra, si compone di cinque blocchi di marmo scolpiti direttamente in cava che formano un’orbita di tre metri di diametro, una curva che incide lo spazio e dilata il tempo. Al centro, blocchi informi attraversati da tondini metallici che poi culminano con i marmi originali del restauro del teatro alla Scala. Un’opera che trasforma la pietra in archivio vivo, dove il passato è una forza che non si lascia contenere.

In mostra troviamo anche la serie di sculture di marmo Stonestar in cui le superfici, solcate da traiettorie concentriche, evocano mappe stellari e schemi cosmici; o ancora Futurefossile scultura in marmo rossa di Verona: un blocco posato a terra, scavato e quasi rotto che evoca l’ossatura di uno Stargate inattivo; o Cosmic Landscape, scultura autoportante di marmo brasiliano, un blocco sostenuto solo dal proprio peso, un frammento di universo che sfida la gravità, un paesaggio cosmico che sembra espandersi oltre i propri confini. Non solo scultura ma anche pittura con Monolith Planet, una tela monumentale, un’indagine avviata da Federico Ferrarini sull’illusione della materia e sul vuoto come principio generatore. Il percorso espositivo si conclude con Temperatura Emotiva, opere su carta, tracce violente, gesti primordiali che emergono dal nero assoluto. Il rosso taglia la superficie come una ferita aperta, una pressione che non si dissolve ma si imprime come cicatrice. Ogni segno è il residuo di un impatto emotivo, un frammento di energia che persiste.

“Nella Cittadella degli Archivi, l’idea stessa di archivio viene demolita. Qui non si conserva, si incide. Non si catalogano informazioni, si lascia che il tempo si manifesti nella sua forma più cruda, più violenta, più ineluttabile. La memoria non è un concetto astratto, è una pressione fisica, un impatto, una massa che preme, che pesa, che chiede di essere spezzata – afferma Beatrice Marciani, Museologa -. Federico Ferrarini non modella, seziona. Non costruisce, erode. La sua arte è un atto di aggressione contro la materia, un tentativo di farle dire ciò che normalmente rimane nascosto. Ogni suo lavoro è un trauma inciso nella pietra, un taglio nello spazio, un’interferenza nella linearità del tempo. Alla Cittadella degli Archivi di Milano, tra memoria scritta e memoria geologica, questa mostra non è un’esposizione, è uno scontro con la pietra, un corpo a corpo con la resistenza della materia. Non lascia scampo, non concede tregua”.

La mostra prende forma presso gli spazi, autentici eppur avveniristici, della Cittadella degli Archivi, polo archivistico meccanizzato di circa 70 km lineari che ospita i documenti del Comune di Milano. Essendo uno degli archivi più grandi d’Europa, ospita oltre 1,5 milioni di pratiche e fascicoli di interesse storico, sociologico, culturale e amministrativo prodotti da enti pubblici e privati, nonché decine di migliaia di pratiche prodotte dagli uffici comunali ogni anno. Contribuendo finanche alla riqualificazione del Quartiere Niguarda, lì dove trova la sua ubicazione, promuovendo la riscoperta del paesaggio, del patrimonio storico e della memoria sociale, Cittadella degli Archivi assicura la valorizzazione del patrimonio locale a partire da una fruizione pubblica e stimolante dello stesso.

È stato possibile organizzare la mostra grazie a Fasani Celeste, cava di estrazione del marmo Rosso Verona, fondamentale poiché ha fornito la maggior parte della pietra che l’artista ha lavorato; AtelierMarmo di Matteo Passaretta e IStone: due realtà che hanno appoggiato il progetto e Dolci Colori: azienda centenaria di pigmenti puri e terre naturali, partner tecnico di enorme rilevanza storico culturale. L’esposizione è accompagnata da un testo curatoriale scritto da Beatrice Marciani, Museologa della Gallerie dell’Accademia di Venezia.